Se rispettiamo ciò che esprimono i nostri figli e cerchiamo insieme a loro una soluzione, anche loro imparano a rispettare i limiti delle altre persone. Se invece ne facciamo una questione di potere, anche loro più avanti gestiranno le cose in termini di lotta per il potere. Jesper Juul.

2013/06/28

Educazione dalla nascita come aiuto alla vita: "La lunga infanzia umana"

"Una robusta mente di scienziato": così anni addietro Francesco De Bartolomeis, docente di pedagogia all'Università di Torino, definiva Maria Montessori; a lei stessa il termine "pedagogista" non piaceva, soprattutto per come il mestiere veniva inteso e vissuto. La nipote Renilde ribadirà con forza questo aspetto: "Una donna di scienza, non una cara signora che ha inventato un metodo per insegnare ai bambini". Persino Piaget, diffidente nei confronti del metodo Montessori, ne ha riconosciuto la solidità proprio in virtù della sua base scientifica.
Nel corso della sua esistenza Maria ha studiato bambini svantaggiati e sani, neonati e ragazzi, con l'occhio dello studioso, che si astiene dall'intervenire per non alterare i fenomeni oggetto della sua analisi. "Osserva i bambini come Fabre studiava gli insetti" disse di lei Samuel McClure. Esente da ogni forma di sentimentalismo e di pregiudizio, non mostrava desiderio a priori di ottenere determinati risultati. Il suo stesso percorso formativo l'aveva condotta a valorizzare al massimo l'osservazione come base di ogni conoscenza: dai fatti alle idee e non viceversa. Fin dagli anni Trenta giunse così ad individuare nella continuità della "lunga infanzia umana" i mutamenti progressivi che consentono di distinguere quattro "piani di sviluppo", ciascuno lungo sei anni (da zero a sei, dai sei a dodici, dai dodici ai diciotto e dai diciotto ai ventiquattro), cui corrispondono altrettanti progetti pedagogici.
Maria Montessori considerava l'originalità di ogni essere umano un valore per l'umanità intera - come per il gruppo famiglia o nido o classe - e sosteneva che a ogni periodo evolutivo deve corrispondere, da parte degli adulti, un insieme di risposte adeguate, il più possibile indirette: non pungoli ad ogni passo, ma il riconoscimento delle capacità autocostruttive dell'individuo, evidenti in ogni fascia di età. Tale progetto prevede un lavoro su tre piani. Anzitutto bisogna "sensibilizzare gli adulti" al rispetto della vita che si evolve in ciascun essere umano, tramite un'osservazione mai invasiva, intesa come processo continuo di attenzione all'altro. In secondo luogo, "preparare per ogni età l'ambiente adatto", predisponendo mobili e oggetti grazie ai quali bambini o ragazzi possano scegliere ciò che a loro corrisponde per costruirsi e via via costruire i rapporti con gli altri. Dal concetto di libertà, intesa in modo non arbitrario, scaturisce l'organizzazione responsabile e la pazienza nei confronti dell'imperfezione propria e altrui; l'ambiente preparato è come un "maestro indiretto": se si sbaglia, ci si riflette su e si ricomincia. Anche un bambino di un anno lo fa a modo suo. Infine, "rispondere ai fenomeni tipici delle diverse fasi di crescita", ciascuna delle quali presenta particolari sensibilità finalizzate a specifiche acquisizioni: il bisogno di continuità dei più piccoli, l'esasperata esigenza di giustizia propria della seconda infanzia o l'anelito del cambiamento e all'avventura dell'adolescenza. Non si tratta, come tanti credono, di capricci, bensì di precise esigenze che vanno rispettate, perché incontrando solo ostacoli, come spesso accade, non finiscano per dissestare in profondità l'individuo.

TRATTO DA: MARIA MONTESSORI. UNA STORIA ATTUALE. Grazia Honegger Fresco.